Penso di nuovo a questa poesia di Roberto Bolaño “Godzilla in Messico” – che è un mucchio di cose in una ventina di versi e parla di amore, vita, morte e sopravvivenza, padri e figli – e mi pare quasi che abbia preso un senso diverso; cadono le bombe – della subalternità, delle ore rubate dal lavoro, della vita in provincia, della rinuncia forzata all’affermazione ideale ed intellettuale, di un vicinissimo triplete della Juventus, di quelli che credono in cose tipo il “popolo della rete” e Stamina ma non ai vaccini, dei proclami fascisti di Salvini, Zuccaro, Serracchiani, della prima pagina di Ciociaria Oggi -, cadono le bombe – dicevo – ma sembro quasi non accorgermene: me ne sto con mia figlia Caterina ad attendere che Franca torni da lavoro (ha fatto tardi questa sera); Caterina mi ha accolto allargando le braccia, ha scandito le sillabe “pa-pà”; ora ceniamo come piace a noi: mozzarella, fragole e biscotti – “ma a mamma non lo diciamo”; guardiamo i superpigiamini; ora dorme; Franca torna – finalmente – da lavoro e, guardando le mie due ragazze, mi sembrano sopportabili persino le bombe della subalternità, delle ore rubate dal lavoro, della vita in provincia, della rinuncia forzata all’affermazione ideale ed intellettuale, di un vicinissimo triplete della Juventus, di quelli che credono in cose tipo il “popolo della rete” e Stamina ma non ai vaccini, dei proclami fascisti di Salvini, Zuccaro, Serracchiani, della prima pagina di Ciociaria Oggi.
Il cinismo che mi rese un eroe pubblico nella mia ristretta combriccola di amici ha lasciato posto a piccole gioie da uomo comune, atti di eroismo segreto.
Sono lo stesso essere umano, non la stessa persona.
Siamo uomini, quasi uccelli.