Da una settimana la provincia di Frosinone, periferia dʼItalia nella quale abito, è sottoposta a nuove misure restrittive – che variano di comune in comune – a causa di un repentino aumento dei contagi da coronavirus.
Tre settimane prima, in classe di mia figlia, una bambina era risultata positiva al coronavirus e una trentina di bambini di 5 anni sono stati costretti alla quarantena. Subito dopo folle di virologi improvvisati, sui social e per strada, hanno iniziato a prendersela con le autorità chiedendo la chiusura delle scuole, «pericolose per i nostri bambini e per i loro nonni»: dopo una settimana di improperi mossi senza alcuna motivazione scientifica, lo stesso istituto frequentato da mia figlia ha organizzato uno «screening» degli alunni e su 236 test è risultato un solo positivo.
Mentre veniva valutato il contagio nelle scuole, il virus si diffondeva nelle campagne a causa della tradizione della macellazione del porco in casa («cose da terzo mondo» ha detto il prefetto, mosso a compassione) e dava il via (almeno a livello mediatico) alla cosiddetta «terza ondata» – ma stavolta, al contrario di quanto accaduto per le scuole, contro il «fare il porco» (abbeverato, per altro, con le acque della valle del Sacco, riconosciuta come SIN e come una delle zone più inquinate dʼItalia) non si è levata neanche una protesta.
Siccome sono un ignorante per quel che riguarda le questioni igienico-sanitarie, non posso far altro che prender nota di numeri che non so interpretare, dei tanti fatti tragici e cercare di attenermi alle norme prendendo meno rischi possibili per me stesso e per gli altri (facendo attenzione, però, a non rinunciare del tutto alla vita e a non cadere in depressione): i miei giudizi su queste vicende possono essere solamente emotivi, economici e/o politici.
Vorrei però spezzare una lancia in favore dei giovani, termine generico con il quale negli ultimi giorni – mancando le scuole – i miei conterranei attaccano sui social tutti quelli che escono di casa (talvolta, con uno strambo cortocircuito, accusando persino sé stessi), chiedendo un surplus di prudenza rispetto a quella indicata dalla legge a quei bambini, a quei ragazzi, a quei giovani che da un anno stanno rinunciando a parte della loro vita per difendere non tanto la loro salute quanto quella dei vecchi, molti dei quali se ne stanno beati in giro a additare i bambini in bicicletta, gli adolescenti che pomiciano e i giovani che chiacchierano distanziati e mascherina-muniti in una piazza [ma che cuore arido hanno, i nostri anziani, per non commuoversi?], non rinunciando però né allʼassembramento in chiesa per chiedere la protezione di cristo né alle salsicce fatte in casa.
Vogliamoci più bene e vacciniamoci subito: è contro lʼignoranza dei no-vax e contro gli interessi commerciali che non ci permettono di avere abbastanza vaccini a disposizione che dovreste prendervela.