Da Calcutta a Luca Carboni (passando per Lover’s fart)
“Che disagio, mamma mamma”, ripeteva Max C. in una notte di gennaio del 2013, mentre ciondolava su Terez Korut canticchiando “lo facevamo in macchina, in macchina-a-a, non lo facevamo mai”.
In quel periodo, con Max C. ed altri amici, scrivevamo di disagio su Lover’s fart, webzine porno-cultural-demenziale che di lì a poco si sarebbe dissolta per fare spazio ad un progetto editoriale di maggiore spessore — progetto che avrebbe dovuto esordire con la pubblicazione di una serie di cover, testi e disegni legati a Luca Carboni, una roba che mi creava scompensi emotivi almeno quanti ne creò a Red Ronnie l’intervista a Yoko Ono.
Fu in quei giorni a Budapest che Max C. impose Calcutta — conosciuto solo per sentito dire, quello che lo faceva in macchina, o meglio, non lo faceva mai — come protagonista della seconda serata Lover’s Fart al Circolo Dal Verme.
Dopo quella sera accaddero un mucchio di cose, tipo che io e Paolo (un altro dei ragazzi di Lover’s fart) mettemmo su un ufficio stampa per giovani artisti (chiamato Sunday Press per assonanza con son depress) e ci offrimmo come volontari per lavorare all’incremento della fruibilità della musica di Calcutta (lavoro che portò poca gloria e tante risate).
Di lì a poco anche Sunday Press si sarebbe dissolta nel nulla per fare spazio a nuovi lavori: io mi sarei lanciato a capofitto nel settore dello smaltimento dei rifiuti pericolosi e non, Paolo [omissis — non ha firmato il consenso all’utilizzo dei suoi dati personali] e Calcutta avrebbe scritto un nuovo album poi prodotto da Bomba Dischi, etichetta nella quale lavora proprio Max C.
La fruibilità della musica di Calcutta, poi, è incrementata davvero —ed hanno fatto un gran lavoro, Edoardo e Bomba Dischi .
Nell’ultimo anno Calcutta ha fatto sold-out quasi ovunque e domani 8 dicembre sarà ospite del concerto a Bologna di Luca Carboni, riducendo ufficialmente a due gradi di separazione la distanza tra me e il cantante bolognese — che per me rappresenta un po’ quello che Kant fu per Hegel, Mazzone per Guardiola, Berlusconi per Elio Vito, Alfonso Signorini per Selvaggia Lucarelli .
Due gradi di separazione che mi emozionano e mi fanno sentire partecipe di una (bella) storia che non mi appartiene ed ho sfiorato appena negli anni più divertenti ed importanti, quelli pieni di disagio, amicizia e condivisione che hanno visto nascere la mia famiglia.
Anni perduti nel bosco per un posto fisso che ripensandoli e parlandone mi emoziono e mi sento un po’ Fabio Fazio e un po’ Pippo Baudo.
Un po’ più vecchio e un po’ più prete.