Io non credo che esistano dei genitori meravigliosi come quelli che, per tradizione ormai consolidata, vengono esaltati sui social media nei giorni di ricorrenza delle feste del papà e della mamma, ma piuttosto genitori terribili – pochi, mi auguro – e genitori imperfetti – la maggioranza, spero. Imperfetti perché penso che avere un figlio (biologico o no, poco importa) voglia dire confrontarsi con una persona da interpretare, nelle sue aspettative, debolezze e inclinazioni, attraverso i mezzi che la nostra vita ci ha messo a disposizione: una scienza inesatta, talmente complicata che in confronto le leggi della fisica quantistica sembrano un girotondo, che non permette mai a nessuno di essere un vero ottimo genitore. Credo resti nel tempo però un affetto primordiale per alcuni gesti, per la mano stretta mentre si cammina per strada, non a segno di proprietà ma di fiducia e difesa, per gli abbracci, i baci e le carezze, quei gesti che un giorno permetteranno ai nostri figli di guardarci con la tenerezza e la comprensione che non hanno avuto per lungo tempo, magari ritrovandosi a loro volta nel ruolo di genitori – o magari no: è sufficiente che siano felici, cosa importa? E allora, forse, in queste ricorrenze dovremmo essere piuttosto noi genitori a augurare una buona vita ai nostri figli, a scusarci per tutte le volte che non abbiamo saputo e non sapremo interpretarli, per quando ci sentiranno distanti e disgraziati, per quando non sapremo e non potremo proteggerli e consolarli, per ringraziarli per aver prolungato inconsapevolmente il nostro tempo su questa terra di «uomini, quasi uccelli, eroi pubblici e segreti».