Quando si avvicina il giorno del mio dannato compleanno e, da convenzione, mi tocca fare i conti col tempo andato, mi viene voglia di ascoltare Guccini, che da quando aveva ventʼanni canta quasi esclusivamente delle promesse mancate di un tempo che non tornerà.
Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi, ma cosa siamo e che senso ha mai questo.
È un percorso intensivo che intraprendo solo una volta allʼanno, fortunatamente, perché gli amari conti col tempo che passa li faccio anche da solo, in modo preferibilmente più morbido e diluito, ogni giorno, fin dal primo orologio della Dash, fin dal tempo in cui a casa mia si ascoltava Guccini assiduamente, forse per prepararci al futuro, come se i miei si aspettassero che uno stramaledetto compleanno ci sarebbe piombato sulla testa da un momento allʼaltro cogliendoci impreparati e facendoci stramazzare al suolo.