Scioperi della fame per i diritti delle aragoste, nuclei armati per i diritti dei topi, ristoranti per gatti, psicoanalisi per cani, discoteche per cavalli e terme per pappagalli.
Fin dalle favole di Fedro e di Esopo, l’utilizzo di animali antropomorfi a scopo di intrattenimento ha agevolato lo sviluppo di confidenza ed empatia tra uomini e bestie, buoni sentimenti che hanno poi travalicato il limite della ragionevolezza in tanti amabili, teneri esseri umani sobillati dal cinema di propaganda animalista firmato Walt Disney.
Ogni giorno provo a educare mia figlia a un sano rapporto con gli animali e a un approccio critico al cinema disneyano.
Mi piacerebbe guardare con lei “Gli aristogatti”, ad esempio, spiegarle come quel film mistifichi abilmente la realtà e voglia farle credere che il bene stia dalla parte di una vecchia pazza misantropa straricca che vuole lasciare tutti i suoi averi a quattro gatti e il male nel cuore dell’affabile premuroso fedele maggiordomo che vuole impedirglielo, invece lei si addormenta.
Si addormenta sempre: abbandona la testa sulle mie gambe, sogna, sorride, quando si sveglia mi abbraccia e mi bacia, chiede attenzioni.
È un essere umano, fantastico come tutti gli altri – lei, per me, più degli altri.
Pensa e mi parla, cosa che un animale domestico non farebbe mai.