Io che il capitalismo fosse una merda lʼho capito per la prima volta a tre anni, quando i miei genitori mi fecero vedere Mary Poppins, quel film dove a un certo punto un bambino di nome Michael Banks vorrebbe donare due penny a una tenera vecchietta indigente e invece il padre bancario glielo proibisce perché vorrebbe farglieli versare nella filiale dove lavora per iniziarlo allʼaccumulo di capitale. Ma Michael sbotta perché no, non è giusto, la povera donna non ha niente. Urla, si dimena, tutti i clienti ritirano i loro risparmi e scappano dalla filiale. Il padre perde il lavoro, i dirigenti della banca gli rompono addirittura il cappello. Ma quella che sembra inizialmente una sciagura si trasformerà in una vera fortuna per il signor Banks, che nella povertà ritroverà sé stesso e capirà che la vera ricchezza non sta nellʼaccumulo di capitale ma nellʼaccoglienza e nellʼascolto di chi abbiamo attorno – in questo caso i suoi figli, con i quali si troverà felice a giocare per la prima volta con un aquilone. Tutto merito di Mary Poppins, ovviamente, la tata socialista che ha introdotto giusti valori in una famiglia corrotta dal capitale: il suo lavoro è ora compiuto, può fuggir via verso altre famiglie da evangelizzare, aggrappandosi al suo magico ombrello volante. Avevo tre anni, dicevo, e mentre Julie Andrews in volo si girava indietro per rivedere unʼultima volta la felice famiglia Banks mi soffermai sul suo volto, lo riconobbi, dissi: «Hey mamma, guarda, è Armando Cossutta!».