Nel testo del decreto del presidente del consiglio di questa notte è raccomandato, “qualora sia possibile, […] ai datori di lavoro di favorire la fruizione di periodi di congedo ordinario o di ferie”, che a occhio e croce pare un invito a fermarsi ma solamente se non vi è danno all’impresa e, per di più, a danno del lavoratore (che dovrebbe rinunciare, per una situazione d’emergenza, a un diritto acquisito).
Mi pare evidente la subordinazione dell’interesse pubblico a quello delle associazioni delle imprese e la totale assenza (o incapacità) dei sindacati in questo momento difficile per tutti, tanto più che le associazioni dei lavoratori non dovrebbero avere difficoltà a ricordare al governo quel che prevedono il secondo e il terzo comma dell’articolo 41 della Costituzione: “L’iniziativa economica privata […] non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.