Antonio Coletta Autore, ufficio stampa, redattore editoriale

Tifiamo rivolta (non violenta)

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L’epidemia in corso mette in evidenza anche i limiti strutturali del nostro sistema istituzionale ed economico.

Il fatto che lo Stato abbia demandato (ormai da parecchi anni, e con risultati pessimi) parte della gestione della sanità alle Regioni ha costituito una debolezza e contribuito a generare confusione. Al contrario, la cessione di parti della sovranità statale (anche tutta, per quel che mi riguarda) all’Unione Europea avrebbe permesso una gestione più chiara e di più ampio respiro dell’emergenza fin dai primi casi a Wuhan – egoisticamente, poi, in Italia avremmo potuto godere di maggiori risorse e solidarietà umana ed economica fin dai primi focolai. Una banalità: i confini servono solo finché non si diventa il terzo mondo di qualcun altro.

Dal punto di vista della distribuzione del reddito e dell’organizzazione sociale e del lavoro, emergono ancora una volta tutti i limiti brutali del capitalismo. La continua tensione di lotta tra i capitali sembra non permettere un fermo delle attività economiche e produttive del Paese: e in effetti, in mancanza di strumenti di solidarietà sociale, fermare i cicli di produzione vorrebbe dire il collasso di questo sistema economico – dal quale molti individui, tra l’altro, sono ancora esclusi. In sottofondo c’è un continuo invito a fermarsi senza fermarsi, per garantire la salute delle aziende che stritola quella dei lavoratori che non possono rischiare di perdere il lavoro (ché poi questo sistema “Dio-Patria-Famiglia” che vuole chiudere le scuole senza fermare i cicli produttivi non tiene conto delle esigenze dei nuclei familiari nei quali nessuno dei genitori può assentarsi dal lavoro e i nonni sono troppo lontani, o abbastanza vecchi da lavorare ancora, o abbastanza vecchi da non poter badare ai nipoti): aumentato il numero di lavoratori e diminuito quello dei posti di lavoro, la concorrenza è diventata “più grande, innaturale, violenta” ed é divenuta schiacciante la schiavitù dei lavoratori nei confronti del capitale.

Tifiamo rivolta (non violenta).

A proposito dell'autore

Antonio Coletta

Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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Antonio Coletta è autore, ufficio stampa e redattore editoriale freelance. Ha fondato numerosi blog e strambe webzine e collaborato con molte testate e troppi siti internet. Ha raccontato la sua fallimentare esperienza di addetto stampa del cantautore Calcutta in «Calcutta. Amatevi in disparte» (Arcana, 2018), pubblicato la raccolta di racconti «Mia madre astronauta» (Ultra, 2019) e partecipato all'antologia «Qui giace un poeta» (Jimenez, 2020) con un racconto su Roberto Bolaño.

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