Ho intervistato Max Collini per introdurre la sua esibizione in «Uòrol – 15 minuti di celebrità» (un evento organizzato dal Castiglioncello Summertime) ma abbiamo parlato di altro.
Di seguito trovate un breve estratto; per leggere l’intera intervista potete invece cliccare qui.
Col senno del poi, forse il vero punto in comune tra l’esperienza degli Offlaga, quella dei Cccp e quella dei Massimo Volume è l’Emilia, una terra che – da Guareschi in poi, grazie a una quantità incredibile di talenti e attraverso la rappresentazione che ne hanno fatto il cinema, la musica, la letteratura e la narrazione politica – è stata raccontata agli italiani in tutti i modi e in tutte le salse. Attraverso i vostri racconti, noialtri ci siamo illusi di conoscere a fondo le dinamiche sociali della vostra provincia. Negli ambienti socialisti, poi, abbiamo guardato a lungo all’Emilia come al modello sociale e culturale da imitare. Cosa resta oggi di quel modello emiliano?
«Per quanto la normalizzazione culturale abbia occupato spazi consistenti anche in queste lande, purtroppo, resta un carattere peculiare che ancora non è stato spazzato via e cioè l’anima sociale degli Emiliani. Siamo gente che ama la vita collettiva, che fa volontariato, che fonda circoli culturali, che preferisce spesso la parola noi alla parola io. È un tratto distintivo di questa parte di mondo, figlio di generazioni che in meno di mezzo secolo sono passate dalla terza elementare alla laurea, dalla mezzadria all’agricoltura sostenibile, dal tornio alle macchine a controllo numerico e dall’economia rurale all’esportazione nel mondo di tecnologie e prodotti all’avanguardia. Forse anche qui non è più dato ragionare in termini di coscienza di classe, ma resta un fatto che sindacati, Arci, Anpi, partiti e associazioni abbiano ancora, nonostante tutto, un numero di iscritti e di militanti talmente grande da far sperare in una società dai valori ancora vivi e propositivi. Lo spero con tutto il cuore nonostante le derive imperanti».