Quando dodici anni fa decisi di diventare un giornalista avevo già scritto centinaia di post e racconti su vari blog e strambe webzine.
Con l’ottimismo tardo-adolescenziale verso il futuro che mi ha contraddistinto a lungo e sconsigliato dai tanti che mi parlavano di crisi dell’editoria, precarietà e difficoltà economiche, non ho avuto il coraggio di prendere sul serio il mestiere.
Ho bucato alcune importanti possibilità e ho infine deciso di guardare alla scrittura come ad un hobby.
Ciononostante, negli anni successivi ho avuto ancora tante opportunità di scrivere.
Ad esempio ultimamente ho avuto l’occasione – per me importante – di scrivere un libro – il mio primo libro.
Sarà in libreria tra qualche giovedì. Dovrò ringraziare un mucchio di gente.
Credo di aver fatto un buon lavoro, documentato, romantico, divertente e non banale – ma questo potrà giudicarlo solamente chi avrà voglia e pazienza di leggerlo.
In ogni caso, sarà certamente un Pulitzer facile per me: in questi giorni, a trentaquattro anni, sono emozionato come un bambino per gli eventi futuri (sto per realizzare un sogno) e pieno di rimorsi per le scelte passate (non ho avuto il coraggio di diventare né un giornalista con tutti i crismi né uno scrittore vero).
Amo scrivere storie. Da quando ero un piccolo Antonietto, in qualche modo che non saprei spiegare neanche a me stesso, mi dà serenità ed equilibrio.
E amo Franca e Caterina, che (tenaci) mi sopportano. A loro è dedicato anche questo mio sforzo, come ogni cosa faccio in questo mondo.