Vent’anni fa si navigava nell’oro e si buttavano molti denari per fregnacce (letteralmente: oggetti di poco conto o scarsa importanza).
Ad esempio, se mio padre fosse stato a conoscenza della crisi economica che di lì a dieci anni ci avrebbe investito, probabilmente non si sarebbe regalato uno spremiagrumi da centomila lire.
Immagino sia andata più o meno così: papà entra in un negozio di cose per la casa per comprare – che so – una grattugia e rimane affascinato da un oggetto d’acciaio dalla forma vagamente fallica poggiato su tre piedi, domanda “a cosa serve questo?”, il commesso – indignato – risponde “ma come, signore? è lo spremiagrumi della Alessi progettato dal grande designer Philippe Starck!”, mio padre “e funziona?”, e il commesso “ovviamente”.
Il commesso fu smentito lo stesso giorno da mia madre, la quale dichiarò: “è IMPOSSIBILE spremere agrumi con questo coso”. Quel coso, simbolo del design degli anni novanta, campeggia oggi splendente nella cucina della casa paterna in tutta la sua inutilità.
Se un cospicuo stipendio da dirigente statale poteva ben sopportare la spesa di centomila lire per uno spremiagrumi dalla forma stravagante, io dovrei prendermi a bottigliate in testa per aver speso ventidue euro per il fascino emanato da questo curioso ed elegante libro in scatola edito dalla Rizzoli.
Non posso certo parlar male della sincera sofferenza espressa dai lunghi spazi vuoti tra i pensieri messi su carta dall’autore (Bryan Stanley Johnson, morto suicida solo quattro anni dopo la pubblicazione de “In balia di una sorte avversa”), né della geniale idea di dividere il libro in ventisette capitoli non rilegati da leggere in qualsiasi ordine (esclusi il primo e l’ultimo, i quali servono a dare un punto di partenza e di arrivo ad un viaggio nella memoria che si presenta disordinato come realmente sono i pensieri, le emozioni e i ricordi che si accavallano in momenti irrazionalmente difficili).
Molto bella la forma, toccante questo diario scritto a margine di una partita di calcio, certo. Forse letto nel momento sbagliato, ecco. Perché tutto quel che mi resta, ora, è una bellissima scatola da esporre, quasi fosse uno spremiagrumi Alessi.
E poi a dirvi che mi sono annoiato sbaglierei. Apparirei superficiale ed insensibile. E, vi giuro, non lo sono.
Pubblicato da Il Mucchio Selvaggio on-line il 14 ottobre 2013