Attenendosi strettamente ai sessantacinque anni del protagonista – Roberto Doni, sostituto procuratore di Milano – per molti risulterebbe difficile definire un romanzo di formazione “Per legge superiore”, libro scritto da Giorgio Fontana ed edito da Sellerio in Italia, pubblicato in questi giorni in Olanda dopo essere già stato tradotto per Francia e Germania ed aver vinto diversi premi.
Eppure il giovane scrittore milanese ha messo su in poco meno di 250 pagine un piccolo manuale per la maturazione della “generazione d’oro” italiana, quella della borghesia diffusa dei bambini del dopoguerra, quella che insegue piccoli traguardi e lussi personali e fatica a comprendere i propri figli.
E’ una giovane, idealista e squattrinata giornalista free-lance ad aprire gli occhi del sostituto procuratore Doni sul mondo che sta fuori dai quartieri buoni di Milano e a farlo entrare in contatto con le storie raccontate dai fascicoli sulla sua scrivania.
La ragazza, Elena, implora il Pubblico Ministero – in attesa di essere promosso a dirigente in una Procura di provincia – di chiedere l’assoluzione per un muratore tunisino che si è assunto la responsabilità di un delitto che – secondo la giornalista – non ha commesso.
Quando Elena lo trascina in una Milano che gli è aliena, quella dei “poveracci” di via Padova, e, con la sola “prova” dell’indole del giovane immigrato, riesce ad instillare in Doni il tarlo del dubbio, torna a farsi strada nel magistrato la purezza etica della sua gioventù, sopita per abitudine o convenienza: matura una “legge superiore”, quella morale, che va al di là della carriera, delle attese di sua moglie e di qualsiasi rapporto affettivo.
In questo racconto scarno di aggettivi, a volte abbondante in dettagli futili che rischiano di compromettere la verisimiglianza della storia, Fontana rimprovera i ragazzi degli anni sessanta di essersi rinchiusi nel loro piccolo universo fuggendo il mondo reale. Quello dove Elisa, l’amata figlia fuggita negli Stati Uniti con cui Doni non riesce a comunicare, non guadagna in un mese quanto il magistrato spende in dieci minuti per un completo di lana. Quello dove gli immigrati sono colpevoli o poveracci da commiserare e mai uomini.
Pubblicato da Popoff il 27 marzo 2014